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27 giugno 2008

Calendari


C’erano stati tutti quegli anni prima. Anni riempiti da migliaia di visi di persone che mi erano passate davanti, lasciando il più delle volte solo una immagine dai contorni vaghi. Qualche parola che non ricordo, forse profumi, un odore. E poi i nomi. Quelli, se ne erano andati e venuti, si erano accavallati nelle agende e nella memoria e il più delle volte non avevano evocato altro che un momento o la promessa, mai mantenuta, di rivederci ancora una volta.

Tutti quegli anni che erano passati spalmandomi sulla pelle l’invisibile tratto di un pensiero che muta, lentamente e inesorabilmente. Quegli anni che giorno dopo giorno hanno spostato le pedine, deformato e piegato le trincee delle paure e dei tabù.

Si trattava adesso di passare in rassegna tutti i miei difetti, senza fermarsi davanti agli specchi ingannatori dell’ipocrisia, enunciare tutti gli errori, tagliarsi le mani con le occasioni mancate e

spegnere gli ultimi focolai del desiderio d’amore. I passi da fare per arrivare alla fine della mia esistenza li potevo contare con buona approssimazione sopra il calendario della mia cucina; uno di quei calendari con il numero del giorno scritto in rosso che si usavano a scuola; tutti i giorni la maestra entrando incaricava qualcuno di noi bambini a strappare il foglio di carta leggera, quasi una velina, per scoprire un nuovo giorno. Un gesto senza importanza, che mai avrei pensato di ritrovare sotto milioni di pensieri, ma che continuava a perpetuarsi nel tempo, senza tregua, di nascosto, scavando sotto la coscienza e lasciando solo cicatrici sulla carne.

Avevo lasciato dentro gli scaffali della memoria tutto, ogni momento. Ogni tanto arrivava un piccolo tassello sconosciuto che si collegava alla mia memoria nascosta e una immagine nasceva nello schermo dell'immaginazione. Ogni tanto apparivi anche tu..

26 giugno 2008

Ci sarebbe bisogno di progettare la libertà


Non abbiamo il tempo per sognare un'altra rivoluzione: sono congegni vecchi, che si inceppano e il più delle volte esplodono in mano a chi li ha fabbricati.
L'unica rivoluzione possibile, funzionante, funzionale e costruttiva, è quella individuale.
Spezzare la catena dell'individuo, fermarsi ad ascoltare il rumore che facciamo, voltarsi a guardare i nostri passi quante cose calpestano, ascoltare le nostre parole quante persone feriscono.
Progettare la libertà è un lavoro per pochi eletti, per gli impavidi, per chi sa guardare in faccia i problemi e risolverli, per chi non nasconde la faccia, per chi non conta troppe volte i soldi prima di aiutare gli altri.
Troppi pensieri dentro la testa impastano i muscoli e rallentano l'azione;
i pensieri devo avere la giusta dimensione: né grandi né piccoli; devono essere in numero giusto: né troppi né pochi; devono avere il giusto peso: né leggeri né pesanti.
Ma soprattutto il pensiero deve essere allenato, praticato e libero di esprimersi e non istigato, instillato da coloro che vogliono omologare il mondo e renderlo come uno di quegli omogeneizzati da supermarket.

Progettare la nostra libertà non potrà che essere la libertà di tutti.

19 giugno 2008

Correre con la storia


E' che come spesso mi accade, mi ritrovo ad ascoltare storie delle quali "mi deve" importare.
Mi deve importare perché c'è il silenzio che incombe e ci sono le cose da capire. Le risposte sono sempre uguali e mute, perché anche queste sono mazzi di carte truccate ed hanno già il loro vincitore.
E così mi capita di ascoltare la storia di un uomo che punta il dito sulle verità scomode, quelle verità che tutti conoscono ma alle quali nessuno crede.
Il suo racconto è sporco di sangue, di scie nel cielo, di trame nella notte, di coincidenze perse dentro la banalità del male. E' tutto talmente fluido da sembrare nell'ordine naturale delle cose, è tutto talmente sbagliato da lasciare la gola secca, è tutto talmente ammalato da sembrare dalla parte del giusto.
Un racconto di logica consequenziale che alla fine del tempo a disposizione lascia solo lo spazio per un debole cenno di intesa, una approvazione strappata ai più bassi istinti animali. Ma non riesco a non ascoltare, così pronto come sono a farmi domande il giorno dopo e a dirmi che ho solo fatto la cosa giusta.
E tu credi che io sia pronto a vivere le stagioni in silenzio, ad amare le cose non mie, a posare lo sguardo dentro occhi distratti, a correre dalla falsa vita che hanno costruito intorno alle nostre generazioni future, tu credi io sia così?
Forse appartengo a qualcuno, amato ed odiato per non avere mai avuto un collare e nemmeno un nome.

14 giugno 2008

In fuga


Forse qualcosa mi vuole mettere alla prova.
Se la tragedia bussa alla porta le domande diventano spontanee, precise e nette quanto inutili.
Le cose che accadono sono come la pioggia e il vento: nessuno si domanda perché piove. Piove e basta.
Apri la porta di scenari preparati da tempo e che speri sempre di rimandare a domani. Ma quale domani? Oggi è il domani di ieri e quindi ha le carte in regola, è nel posto giusto, ha le parole giuste. Tutto il passato ha suonato le note perfette di una sinfonia inutile.

Quando cominci a ragionare come un topo, a vivere come un topo, con la circospezione di un topo, con la paura, allora sei diventato un topo, e prima o poi qualche trappola per te scatterà.

Spengo la luce. La verità mi brucia la lingua.